La pandemia ci ha fatto scoprire le videoconferenze o quantomeno le ha sdoganate per un'ampia fetta di popolazione. Giusto per dare una stima, il numero di partecipanti giornalieri alle riunioni su Zoom, una delle piattaforme di videoconferenza più grandi al mondo, è cresciuto del 3.000% tra dicembre 2019 e aprile 2020, passando da 10 milioni a 300 milioni (Yuan, 2021).
Tuttavia, quello che spesso accade è che le persone tengono spente le fotocamere (Bedenlier et al., 2021) rendendo l'interazione abbastanza alienante.
Andrò dritto al punto. Tendere la webcam spenta induce tutta una serie di dinamiche intra-personali e sociali che rendono la riunione meno produttiva.
Ma facciamo un passo indietro e arriviamoci con calma. La comunicazione online differisce dalla comunicazione offline per la quantità di feedback non verbali disponibili (Lieberman & Schroeder, 2020) che sono componenti vitali per un'interazione sociale di successo. Affinché questo possa accedere bisogna evitare di cadere nella trappola di credere che questi feedback non verbali debbano essere dati dal solo emettitore (i.e., cioè da chi parla). La comunicazione è infatti uno scambio e un aggiustamento continuo tra tutte le persone presenti, al netto del ruolo che temporaneamente assumono (e.g., emettitore, ascoltatore, osservatore). A riprova di questo, è stato dimostrato come il feedback non verbale degli ascoltatori migliori le prestazioni dell'emettitore e ciò, a sua volta, migliora la comprensione del messaggio da parte dell'ascoltatore (Bavelas et al., 2000; Bavelas & Gerwing, 2011). Perciò, la comunicazione può beneficiare di quelle informazioni non verbali che rendono l'interazione più ergonomica nella misura in cui i partecipanti accendono le videocamere durante una "conference call".
Ma c'è di più. Le videoconferenze coinvolgono solitamente più persone (i.e., siamo raramente in una situazione di comunicazione a due). Al crescere della grandezza del gruppo in interazione la coordinazione dei turni di conversazione diventa più complessa e ancora più bisogno ci sarebbe di quei segnali non verbali (e.g., segni col capo, brevi espressioni vocali non verbali come "mhm") per avere una conversazione fluida.
Quando osserviamo un comportamento dobbiamo capire che questo risponde ad un qualche tipo di bisogno o influenza. Nel nostro caso le risposte possono essere più di una. In primo luogo abbiamo l'influenza sociale. In effetti, ciò che fa la maggior parte degli altri ci influenza nel nostro vivere quotidiano (Cialdini et al., 1990) e l'uso delle webcam durante le videoconferenze non fa eccezione. Anzi, nella ricerca di Anderl (2023) la proporzione di altri partecipanti con videocamere accese è risultato essere il fattore predittivo più importante della sua accensione. In effetti, se gli altri la tengono spenta perché dovrei accenderla io?
Inoltre, le persone con le quali talvolta ci troviamo in interazione condividono con noi legami sociali "deboli". Per dirla in altre parole, non sono, salvo eccezioni, le persone con le quali siamo maggiormente in intimità o che percepiamo come "vicine". Chiaramente il modo in cui ci esponiamo e presentiamo a chi ci è socialmente vicino è diverso rispetto a chi percepiamo come più distante. Ciò tira in ballo lo stesso concetto di privacy che Altman (1975) definiva come il controllo selettivo dell'accesso alla propria persona e che per DeCew (1997) includeva il poter decidere se essere osservati o meno. Perciò, è più probabile che ci si lasci osservare da persone che percepiamo più vicine a noi, anche perché soprattutto in situazione di "smartworking", chi non è mai entrato in una riunione con un volto particolarmente sfatto?
L'insicurezza non solo relativamente al proprio aspetto ma anche più in generale come persona può essere un altro motivo che spinge le persone a tenere spenta la propria webcam (Reimann et al., 2023). Senza contare che, a differenza dell'interazione nel mondo reale, la videoconferenza non ti permette di intuire se gli altri ti stiano guardando o meno il che aumenta le preoccupazioni circa il modo in cui si venga percepiti (Shockley et al., 2021).
Infine, la stessa organizzazione del lavoro o delle cose da fare può indurre le persone a spegnere la webcam. Ci sono situazioni in cui siamo chiamati a presenziare ad incontri in cui il nostro ruolo è prettamente passivo o magari in cui altre impellenze sembrano bussare alla porta (e.g., mail alle quali rispondere, urgenze di vario tipo). In questa circostanza il dare a vedere di star facendo altro potrebbe elicitare una reazione negativa da parte degli altri (i.e., spegnimento della propria webcam) che a torto o ragione potrebbero sentirsi socialmente offesi dalla nostra attenzione verso altro (Chotpitayasunondh & Douglas, 2018).
Se la maggior parte degli utenti tiene la propria webcam spenta questo è un indizio di una scarsa ergonomia della riunione.
I partecipanti alla riunione dovrebbero aver ben chiaro perché sono stati chiamati, qual è il contributo che ci si aspetta da loro e quando, all'interno della scaletta della riunione, saranno chiamati a darlo.
Per massimizzare il numero di partecipanti con la webcam accesa è bene dare una breve spiegazione sul perché questo sia utile ai fini della riunione (ora che avete letto questo articolo lo sapete eheh)